Per la prima volta a Milano, sabato 24 febbraio, alle 21.00, lo spettacolo “Nano Nasaccio. Una fiaba in grammelot” andrà in scena nello spazio di ArteMadia, in via Pimentel 5. Di seguito tutti i dettagli.
Sabato 24 febbraio, alle 21.00, lo spettacolo Nano Nasaccio. Una fiaba in grammelot andrà in scena per la prima volta in territorio milanese. Sarà infatti ospitato all’interno della seconda edizione della Piccola Rassegna di Teatro Indipendente di ArteMadia, un collettivo dedicato all’organizzazione ed alla promozione di eventi artistici nella cornice verde del Giardino della Madia, in via Pimentel 5 a Milano.
Liberamente tratto dall’omonima fiaba tedesca di Wilhelm Hauff, lo spettacolo nasce dalla collaborazione con con Francesca Palenzona, che ne ha curato la regia e i costumi.
È adatto ad un pubblico di famiglie e bambini a partire dagli 8 anni (non adatto a bambini più piccoli).
IL GRAMMELOT
Il grammelot è un linguaggio scenico che non si fonda sull’articolazione in parole, ma [ne] riproduce alcune proprietà […] come l’intonazione, il ritmo, le sonorità, le cadenze […] e le ricompone in un flusso continuo, che assomiglia a un discorso e invece consiste in una rapida e arbitraria sequenza di suoni. (dall’enciclopedia Treccani)
Il grammelot è un linguaggio teatrale, inventato arbitrariamente dall’attore che lo recita o dal drammaturgo che scrive il testo. Generalmente il grammelot prende le mosse da un linguaggio o da un dialetto, di cui ricalca i suoni onomatopeici, li mischia con altri linguaggi o altri nonsense, ricavandone una forma espressiva completamente nuova, ma dal potente impatto emotivo.
L’idea di raccontare una fiaba classica in grammelot nasce dalla volontà di proporre una narrazione che utilizzi un registro espressivo lontano dagli schemi consueti, e permetta di focalizzare l’attenzione sull’universalità del linguaggio gestuale e del nonsense.
È dotato di una forte componente espressiva mimico-gestuale che l’attore esegue parallelamente alla vocalità. L’attribuzione di senso a un brano di grammelot è perciò resa possibile dall’interazione tra i due livelli che lo compongono, quello sonoro e quello gestuale. (Ibid.)
LA TRAMA
Il protagonista della storia è un bambino, Gioacchino, che spesso aiuta la madre al banco di frutta e verdura nei giovedì di mercato. Un giorno arriva una vecchia arcigna per comprare delle verdure, ma non trovando quel che cerca, la signora si lamenta, scatenando l’ira del fanciullo che la canzona per il suo brutto aspetto. La vecchia, risentita, acquista qualche cavolo ma pretende che il ragazzo l’aiuti a portare la spesa fino a casa e gli promette una degna ricompensa.
Varcata la soglia di casa, la vecchia comincia a cucinare una strana zuppa, la sbobba alla sultana, che serve a Gioacchino, facendolo piombare in un sonno profondo in cui sogna di lavorare al servizio della vecchia megera e di imparare a cucinare.
Al risveglio, il bambino corre di nuovo al mercato dalla madre che però non lo riconosce e lo scaccia: grazie alla pietanza magica, infatti, si è trasformato in un nano con il naso grosso. Il suo sembra un destino infelice, ormai brutto e solo, ma presto il ragazzo viene a sapere che il cuoco del Granduca è stato licenziato e così si propone come suo sostituto. È proprio nelle cucine reali che Gioacchino trova il riscatto diventando un famoso chef.
Ma la sorte lo costringe a cimentarsi con la sbobba alla sultana, il piatto desiderato dal Granduca che nessuno è mai riuscito a cucinare. Riuscirà nell’impresa il Nano Nasaccio?
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