Un romanzo originale e intenso su cui verterà il doppio appuntamento del 26 gennaio e del 16 febbraio 2021 del Bompiani Book Club. Ne parlo con Beatrice Masini, direttrice di divisione Bompiani.
Non c’è modo di figurarsi la natura delle cose stando al sicuro a guardare dalla finestra. E la terribile verità delle cose è che la metà delle volte tutto quello che si può capire di una persona è ciò che meno capiamo di noi stessi.
Questa è la preziosa lezione di Cloris, una delle due protagoniste di Tutto il bene che si può, romanzo d’esordio di Rye Curtis, pubblicato da Bompiani in questo inizio d’anno.
Percorsi nuovi e contemporanei
Confesso che non mi sarei imbattuta in questo libro se non grazie al Bompiani Book Club: un gruppo di lettura online creato dalla casa editrice per sopperire alla sospensione di tutte le presentazioni e gli eventi che accompagnavano l’uscita di un libro prima della pandemia. Attraverso due incontri serali, da seguire su piattaforma digitale, Beatrice Masini, direttrice di divisione Bompiani, conduce i lettori in un percorso di scoperta della letteratura straniera contemporanea.
La proposta di questo esordio del 2021 è un romanzo molto particolare, che coniuga gli elementi del romanzo d’avventura, del noir e del romanzo d’introspezione.
Tutto il bene che si può
È la storia di due donne. Cloris, 72 anni, si sta recando su un piccolo aereo insieme al marito in una baita nel nord degli Stati Uniti per trascorrere una breve vacanza; il velivolo precipita e lei è l’unica a salvarsi. La storia viene raccontata da lei stessa, in prima persona, a vent’anni dall’accaduto, ma sapere già che l’anziana donna se la caverà, non ci mette al riparo da tutte le emozioni e i colpi di scena che ci riserva la sua disavventura sulla catena montuosa dei Bitteroot, nel Montana.
L’altra protagonista è Debra Lewis, una ranger del Corpo Forestale degli Stati Uniti, una donna borderline, distrutta da un matrimonio finito e ormai assuefatta alla dipendenza dal Merlot, che beve di nascosto in ogni momento della giornata. Lewis, così la chiamano tutti, è l’unica a credere nella possibilità di ritrovare Cloris viva, nonostante gli indizi giochino a sfavore di questa ipotesi; con grande passione, dirigendo una squadra di soccorso composta da personaggi assurdi, tutti un po’ logorati dalle proprie pene, si butta a capofitto in una ricerca che si trasforma presto nella cartina tornasole di se stessa.
Ho amato molto il racconto di Cloris: la sua fragilità si rivela il suo punto di forza.
Si presenta da subito al lettore come una donna franca e cambiata da un’esperienza fortemente destabilizzante, ma proprio per questo capace di comprendere la complessità della vita e sospendere ogni giudizio in merito. Il suo mondo, fatto di preghiere e perbenismo, si infrange sulla montagna insieme al piccolo aeroplano e da lì inizia un percorso di scoperta di sé che coinvolge il lettore e lo costringe a fare i conti con le incertezze, le fragilità, le mancanze che segnano ogni vita, nonostante il tentativo disperato con cui ognuno di noi cerca di salvaguardarne il senso.
Di storie e personaggi vividi
Ne parlo proprio con Beatrice Masini, a cui ho rivolto alcune domande anche in vista dell’appuntamento del 26 gennaio, il primo dedicato al libro.
Il titolo originale è Kingdomtide. Come si è giunti alla scelta per la versione italiana di Tutto il bene che si può?
Beatrice Masini – Ne parleremo nel corso del Book Club; diciamo che Kingdomtide in italiano avrebbe richiesto, anzi, richiede una spiegazione, e i titoli hanno bisogno di essere o molto misteriosi o molto chiari. Così com’è è troppo misterioso.
Vorrei concentrarmi sul personaggio di Cloris: sembra volerci dire che nulla è nelle nostre mani tranne la possibilità di comprendere la nostra incapacità di governare la vita. È la stessa conclusione a cui arriva Lewis. La salvezza giunge attraverso la consapevolezza del limite, il superamento del giudizio, l’accettazione di sé e degli altri. Una grande lezione di umiltà e compassione.
B.M. – Cloris è un personaggio eccezionale, non solo per l’epopea che affronta ma per come trova in sé risorse insospettabili: e non si tratta soltanto di resistenza fisica e adattabilità, ma di capacità di riflessione e azione che ricompongono il senso delle situazioni e degli eventi più bizzarri e dolorosi. Vero che è tutto filtrato da uno sguardo all’indietro, e che molta della sua saggezza è proprio figlia di quel periodo terribile. Ma lei sa davvero trasformare una serie di sfortunati eventi in un’opportunità.
Il rapporto tra Cloris e la natura è duro, difficile. Gli alberi sono soldati di un esercito nemico, gli animali prede o predatori. Tutto si risolve in una relazione primordiale, in cui l’uomo è solo un abitante troppo piccolo e insignificante di un mondo infinitamente più vecchio di lui. Un ribaltamento della tradizione che vuole l’uomo al centro del pianeta.
B.M. – Questa comunione forzata con la natura è desiderabile e insieme spaventosa, riporta l’essere umano alle sue dimensioni e lo mette alla prova. C’è un che di adolescenziale in tutto questo, lo slancio dell’avventura, la solitudine del primo uomo, la paura pura e la sconsideratezza di chi non ha nulla da perdere. Che il tutto sia calato in una donna anziana è paradossale, è uno dei piccoli giochi di questo romanzo, e accresce il senso della sfida.
Cloris si racconta in prima persona, rivolgendosi direttamente al lettore. «Una storia appartiene a chi la racconta meglio» dice, ed essendo una ex bibliotecaria, pone l’accento sull’importanza della narrazione. Quanto raccontare noi stessi può aiutarci a capire gli altri?
B.M. – La lunga solitudine di Cloris la costringe a farsi compagnia, a rievocare gli episodi salienti della sua vita leggendoli sotto un’altra luce, a fare i conti con se stessa ma anche a guardare agli altri – i suoi altri – con generosità e comprensione. Però sono tutte virtù che lei possiede già e che le condizioni estreme semplicemente acuiscono. Se fosse egocentrica uscirebbe da questa storia ancora più chiusa in sé, temo. Ecco, sto parlando di Cloris come se esistesse davvero: i personaggi vividi fanno questo effetto.
L’appuntamento in due serate
Il percorso letterario su Tutto il bene che si può di Rye Curtis condotto da Beatrice Masini – che ringrazio – per il Bompiani Book Club è in in due serate: martedì 26 gennaio e martedì 16 febbraio, sempre alle 21.00.
Per informazioni su come partecipare, contattami.